"La vita è un viaggio e viaggiare è vivere due volte"
Omar Khayyam

domenica 24 marzo 2013

Provaci ancora Luca Rossi


Si guardò la mano e la vide di ghiaccio.
Molti anni fa era solito avere ciò che voleva.
Correva sui treni per una destinazione, camminava con una meta, ascoltava per ascoltare e parlava per dire qualcosa.
Ma ora la sua mano era di ghiaccio.

Quel giorno per la strada aveva fermato un ambulante per chiedergli un'indicazione e questi gli avevo dato in cambio una rosa.

Pochi passi più in là aveva incrociato una signora anziana che gli aveva chiesto di aiutarla a portare buste pesanti, lui aveva tentennato ma con le parole aveva acconsentito. Nel fare come per prendere le buste la signora si era spaventata e lo aveva schiaffeggiato con la borsetta.

Quel giorno qualcosa non andava.

Iniziò a piovere. Andò a comprare un ombrello, gli vennero dati occhiali da sole.

Sembrava tutto al contrario.

Iniziò a correre. Aveva paura. Paura da morire.
Aveva freddo, che freddo, la pioggia era fredda, che fredda, e lo scheggiava in faccia.
Corse per ore; il naso gocciolava, non sentiva più i piedi, gli occhi socchiusi d'aria, iniziò a piangere, le lacrime rigavano il viso di lato schiacciate dal vento.

Finì i palazzi, finì le strade, vennero i campi, si ritrovò solo, finalmente.

Si accucciò per terra, iniziò a nevicare.
Pregò Dio di risvegliarlo, di dargli speranza, di ridargli il senno.

Si chiedono tante cose nella vita
negli anni
in un giorno

Poche pensate, molte inutili, tutte arbitrarie

I bisogni primari si imparano a scuola

Il mondo era cambiato
gli astri stavano collassando
le persone leggevano le parole dagli occhi
non ascoltavano più
o forse ascoltavano più delle altre volte.

Non voleva la pioggia
le indicazioni erano per andare da qualche parte
di non importante
di non essenziale
di "torni la prossima volta oggi chiamiamo solo fino al numero 24"

lui voleva dei fiori
fiori nel sole
anziani che menano
e che non rimangono deboli dopo la vita.

Faceva freddo
chiese a Dio di non avere più freddo

Si guardò la mano

Non c'erano coperte

Si guardò la mano

Dio l'aveva ascoltato

Non aveva più freddo

Era diventato un pupazzo di ghiaccio

Dio grazie.


L'Installazione dell’artista brasiliano Nele Azevedo, piazza Gendarmenmarkt a Berlino, si scioglie al sole.


martedì 18 dicembre 2012

Quel che resta di Alberto


Nuotava da tutta la vita. Nuotava per imparare a nuotare, per crescere, per essere forte e robusto. Dopo qualche tempo iniziò anche a cacciare. Nell'acqua ci si trovava bene, era come un sogno a due tempi: prima si galleggia pigri, poi si nuota.

Un giorno decise che voleva uscire dall'acqua.
Incontrò i vecchi amici pesci, che nuotavano senza risparmio e sembrava non avessero altro da fare. Non riusciva bene a comunicare con loro.
Quando annunciò loro il suo intento nessuno gli credette.

"Non potrai respirare, morirai!!!"

Ma quel giorno Alberto iniziò a nuotare forte, anzi fortissimo, verso la riva. L'acqua diventava più calda e man mano che si avvicinava alla terraferma le zampe iniziarono a strisciare sul suolo.
Non si era mai accorto di avere delle zampe.

"Forse sono un animale come un'antilope o una quaglia!" pensò pieno di eccitazione. Essere un pesce l'aveva stancato.

L'ascesa all'aria gli procurò brividi sconosciuti.
Gli mancò l'aria, credette di morire.
Quando tutto il corpo fu fuori ed il pentimento di quella avventura si era già fatto padrone, iniziò a sentirsi diverso: vigoroso e superbo.

Iniziò a camminare, poi a saltare, sempre più alto, sempre più in là.

Sulla terraferma iniziò a viverci. Trovò del cibo buono anche lì, forse anche migliore.

"Ciao a tutti, sono Alberto e vengo dall'acqua!"

Le giraffe lo ascoltavano divertite, ché con i loro colli lunghi in acqua o fuori per loro era lo stesso. Le iene ridevano solamente ed ai leoni, per carità, non aveva mai osato avvicinarsi.

In fondo non era poi così male. Si era fatto degli amici in poche ore e il sole caldo era delizioso.

Presto però Alberto sentì nostalgia dell'acqua. Le cose antiche non si dimenticano neanche quando si è sopraffatti dai novizi entusiasmi.
Così si riavvicinò al lago.

Era così bello visto da fuori!

Non capì come mai quando invitò i nuovi amici a fare un bagno essi non lo seguirono, anzi lo schernirono: "Ci siamo già abbeverati, che idee strambe che hai animaletto dell'acqua, và via, questo caldo ci leva energie."

A queste parole Alberto si fece triste.
Non potè fare a meno di seguire la sua natura... però era solo.

Tornò in acqua, ma non era più come prima. I pesci non lo riconobbero e non era più capace di nuotare come una volta.
Dopo qualche ora si stancò e uscì fuori dall'acqua di nuovo. Gli animali della terra esclamarono "Già di ritorno? Strano che tu non sia morto!"

Non capiva perchè avessero cambiato il loro modo di fare.
A volte certi animali sono dispettosi e scambiano le diversità altrui per stranezze da cui stare alla larga.

Alberto passò qualche giornò così, uscendo e rientrando nell'acqua, non riuscendo a fare nient'altro.

Un giorno incontrò un animaletto vicino al lago.
"Ciao, come ti chiami? Io sono Alberto e non so se sono un animale di acqua o di terra, però posso saltare e nuotare!"
Lei lo guardò con tenerezza, lui colse lo sguardo di lei. Era sorpreso:  lo trovò così simile al suo...

"Ciao Alberto, io sono Priscilla, e sono una rana, quello che sei anche tu. Andiamo a nuotare insieme, dopo ci asciugheremo al sole e così sarà ancora più bello bagnarsi di nuovo!"

Alberto non poteva crederci.
Nonostante gli schernimenti, le proteste, i brividi e l'aria che a volte gli era mancata quel che restava di Alberto era un nuovo animale, forte dell'aver seguito le proprie inclinazioni, vincendo ogni paura.
Si sentì felice, senza capire bene il perchè; decise di tuffarsi con Priscilla nel lago, in quello che fu il vero inizio della sua vera vita da anfibio.


A mio fratello

mercoledì 5 dicembre 2012

Medicina e Chirurgia Roma LaSapienza

Se crescere significa partire
partire significa andare lontano
e andare lontano significa ritornare

Allora laurearsi corrisponde al pensionamento?

(L'esame di Psichiatria  è un viaggio negli abissi senza ritorno)

mercoledì 22 agosto 2012

Me so dovuta comprà le scarpe aperte perchè le mie ce l'ha Ozgun che sta in Turchia

Il caldo

A me non me n'è mai fregato un cazzo del caldo e della metereologia in generale

Ho attraversato la neve di mezza Europa con un cappottino primaverile molto cool
Almeno non mi ingrassava

Ho portato gli stivali di cuoio neri fino a luglio 
Almeno slanciavano la figura

Ora muoio in costume su una poltrona con un gatto nero che perde peli, di quei tempi solo un ricordo, anelito d'amore per la temeraria giovinezza andata. 

Gli anfibi in spiaggia sono la vera rivoluzione.

Ciao Mia Roma, mi ucciderai

Tua Mariagiovanna in ciabatte

(e compratevi le Goldstar che so come le Birkenstock e costano la metà.)
Ma di vernice fanno schifo

sabato 7 luglio 2012

"Two things that change your life: fall in love and be an Erasmus student"
Un giorno ho letto questa pubblicità.

L'avevo trovata esagerata.

Ora sono a Campobasso, tornata dalla Turchia, tornata dalle rovine mesopotamiche, tornata da ogni cazzo di kebab e capra turca che mi ha seguita credendomi un pastore.

Ebbene, io ora un pò ci credo. 

Cosa ha attecchito nella mia mente non lo so, però l'altro giorno sono uscita di casa con lo zaino in spalla e ho camminato per tre ore tra il borgo antico di Campobasso, mia città natale, come una turista in cerca della Turchia.

E l'ho trovata, anche qui, anche ora, scommetto che la troverò anche domani.


EVERYTHYNG IS JUST A RELATIVE MENTAL STATE.
Escher, Relativity


(One day i red on an advertisment this words: "Two things can change your life: fall in love and the Erasmus program".

That day i thought that it was an exageration.

Now i'm in Campobasso, i came back from Turkey, i came back from Mesopotamia's ruins, came back from every fucking kebab and from every fucking goat that was following me, believing that i was a sheepkeeper.

Well.. now, a little, i believe in that words.

I don't know which seed has growth in my mind but some days ago i went out from my home with the backpack on my shoulder and i walked for hours trough the Old Campobasso, my hometown, like a tourist looking for Turkey.

And i found it, here too, now also, i bet tomorrow i will find it as well. )


giovedì 19 aprile 2012

Why turkish people are continuing to call me on the phone...

also if they can't speak english?

I've been in Cappadocia last week. Actually and more exaclty, i've spent almost 72 hours in tracks, cars, minibus, baby-cyclettes, to reach Cappadocia passing trough Fethye, Antalya, and  Tuz Golu, all places where we spend the night.

Of course by hichiking
of course all togheter
of course with any kind of people
but all of them:
so kind
so gentle
so food keeping and giving (they feeded us like fucking fat chickens).

Ok, turkish people are lovely. Who will want to say, in the future, that turkish people are bad will have to pass on my dead body.

Two guys offered themselves to pay us the bus from Aksaray to Izmir (almost 2000 km), of course after paid for us the dinner too (they gave us almost 100 euro and we were for them totally strangers, found in the deep night on a road).

I felt like a prostitute, i have to admit, but really we were in the windy and rainy night of Gozeme (amazing centre of Kappadokia) without any money and home neither.

The point is: most of the people who helped us in our long road trip where camion driver-not speaking english. We exchanged our phone number in case of need, in case of problems and, personally, to don't forget them, to see their names in my mobile and remembering forever that one day, when i was young, dirty, tired and in the middle of nothing, someone in the deep of Turkey helped me, just because i was needing.

Marcin, Juanjo, Agata and me, so beautiful in a track i don't remember where


But i got the point: for them maybe this romanticism is un-necessary.

So now Alì, kurd track driver, is calling me every day speaking about nothing!!!

Hava coc guzel (the weather is good)
Sen nissilsin? (how are u?)
Ben coc guzel, tesekkurler (I'm fine, thanks)

And so on....
every day.

I tried to tell him some funny stories about our trip, about my wishes or activities or even thougts but, of course, my turkish is not enough and i guess he's not understanding nothing.
On top of all this he is not admitting the point that someone can speak his language not so good, so he keeps speaking as fast as he can without taking care about my complaining!!!

No communication.

And this is only one of the examples.

So why are this turkish-not speaking english -men continuing  to call me?

"BECAUSE THEY WANT TO FUCK ME!!! "
(dedicated to Marcin)


AFYET OLSUN

Hitchhiking near Isparta looking for Konya

martedì 17 aprile 2012

Scrivere blog

E ormai ho capito, neanche scrivere il blog è per me.

Perchè all'inizio lo si fa per condividere
ma poi uno finisce col vendersi.

Non ho tempo
non ho voglia

Come faccio a descrivervi 40 km zaino in spalla di cappadocia?
Come faccio a raccontarvi di quando per strada ci siamo persi e abbiamo dormito in una stanza-moschea di una stazione di benzina?

non ho gli strumenti.

Voglio solo dire questo
d'ora in poi scriverò cose solo se avrò voglia di dirle

e non saranno chiare.

Addio