"La vita è un viaggio e viaggiare è vivere due volte"
Omar Khayyam

giovedì 15 marzo 2012

Ode ai pastori



Dedicato a chi pensa molto-troppo

"Si ode spesso taluni asserire di avere in mente molti e importanti pensieri, ma di non riuscire a esprimerli. In verità, se li avessero davvero, li avrebbero coniati in tante belle parole sonanti, e perciò espressi. Se, nell’atto di esprimerli, quei pensieri sembrano dileguarsi o si riducono scarsi e poveri, gli è che o non esistevano o erano soltanto scarsi e poveri” (Benedetto Croce)

Oggi ho visto una donna. Stava accovacciata su una pietra a cavallo tra prati ed asfalto.

L'ho guardata bene, perchè l'autobus andava pianissimo giacchè la strada non poteva essere propriamente chiamata tale e, si sa, il riguardo per gli ammortizzatori è un investimento sul futuro.

Aveva un fazzoletto in testa, il gilè moda-turca-over40 in lana cotta, un filo d'erba tra i denti e i pantaloni alla turca come i miei, solo che io li ho comprati in Salento e li indosso per casa e al mare, lei invece ci pascolava le capre.

Due per la precisione, che mi hanno guardata con la faccia un pò scema, come tutte le capre.

Io le ho salutate (le capre), perchè si dice che se fai così ti arriveranno dei soldi e di 'sti tempi non si sa mai.

Dopo il saluto mi sono persa in una vagonata di pensieri che non potrei riportare fedelmente per l'ammontare indicibile di fesserie la cui punta d'iceberg supera di sicuro la soglia di saturazione dei miei ricordi.

Pensieri su una signorina che stava lì, alle 8 del mattino, a guardare le sue pecore, placida, esattamente come le avevo guardate io.

La differenza sta nel fatto che io ero lì perchè stanotte ho dormito 4 ore e, dopo essermi versata addosso di buon mattino 3 volte di fila il caffèlatte, sono andata a prendere l'autobus sbagliato che invece di portarmi all'ospedale universitario ha deviato verso l'aperta campagna;
lei stava lì perchè probabilmente ci sta tutti i giorni, senza nessun caffèlatte pianto e versato e svegliarsi alle sei forse non le pesa.

Allora ho iniziato a fantasticare, perchè nel tornare indietro per raggiungere la meta iniziale, posta nel reparto di Ortopedia dell'ospedale, mi ci è voluta almeno un'ora.

"pensa se vado lì e sto tutto il giorno con lei e le capre chissà lei cosa penserebbe e chissà se ci capiremmo chissà se sa scrivere e leggere chissà se è mai andata fuori da Aydin chissà quanti stranieri ha visto  chissà magari imparo a fare il formaggio e apro una cooperativa in Molise di pascolo e produzione di prodotti biologici e capisco il senso della vita il documentario sulla pastorizia che ho visto quest'estate era molto interessante è una vergogna che i nostri pastori siano costretti a vendere a prezzi inferiori al reale valore i supermercati ci vendono il loro formaggio al triplice costo quello delle fabbriche invece ce lo vendono a meno che scempio che schifo che bello mentre la Turchia è al terzo posto per crescita mondiale e la disoccupazione descresce mentre in Italia stiamo con le pezze al culo lei sta facendo il lavoro che faceva sua madre e forse sua nonna e non le importa un fico secco della crescita economica e il suo formaggio sarà sempre più buono di generazione in generazione con il tramando di antiche ricette per la pastorizzazione com'è giovane si veste da vecchia non le interesseranno le zeppe sarà sicuramente un pensiero a lei nuovo il concetto di espatriare per cercare fortuna chissà cosa pensa della transumanza sarà un espatrio anche quello si userà qua bo tanto fa caldo e marx che aveva ragione lei lo ignorerà ma allora il senso della vita è avere una ricetta del formaggio da migliorare e tramandare ai tuoi figli sorridendo perchè c'hai lì quello che ti serve per farlo le tue capre sceme un filo d'erba in bocca e tutto il mondo che finisce dove puoi guardare che tanto il resto non è affar tuo perchè nel formaggio non ce lo puoi mettere e sei libero come un uccelletto "

Sono sicura che lei, invece, non ha pensato a nulla, e che il suo formaggio avrà molto più senso di molte delle cose che faccio, compreso tutto questo pensare.

Torniamo dunque alla natura. 
Mungere una capra è una delle esperienze più significative dell'umana esistenza, un'esperienza altamente erotica, per uomo o donna che sia. La capra, se non sai mungerla, non te la dà, la tetta; la sua tetta dal doppio capezzolo non è per tutti! 
Occorre sedersi allo sgabello rilassati dopo essersi lavate le mani, che non siano fredde, che siano unte con un pochino di olio d'oliva o una crema alla calendula. 
Bisogna procedere delicatamente, avendo cura di non stringere troppo, di essere regolari e di svuotere tutta la tetta dal latte che essa vi mette a disposizione, e se la capra è adulta ed e in forma la cosa richiede tempo. Il profumo della schiuma che emerge dal secchio è inenarrabile. 
Se la mungitura è affrettata si rischia la mastite e allora sono dolori, si rischia il blocco. 
La capra è notoriamente un'animale dalla intelligenza e astuzia diaboliche. 
Se lasciate aperta la porta di casa state tranquilli che vi entrerà in cucina e salirà sul tavolo, iniziando a belare per prendervi in giro. 
Se non le date la mela più buona che avete sale sulla vostra pianta e si serva da sola. 
Che non entri mai nell'orto: diventa una rasaerba ad alzo zero. 
Anche i geranei è meglio che le stiano lontani, potrebbero piacerle per il colore.... e il vostro cappello di paglia è meglio non lasciaro sul tavolo in giardino. 
Le capre hanno un nome e ti chiamano per nome. Sanno chi sei. 
Mi è capitato di vivere con loro per due anni in montagna. Si faceva il fieno a falce in estate per l'inverno e durante la bella stagione tutte a castagne sotto il bosco. Che latte, e che formaggi! 
Io mungevo la sera, la mia compagna al mattino e questa era l'unica legge ineludibile della nostra giornata. 
Perciò mi sento di proporre: più capre per tutti! 
(Nelle scuole di ogni ordine e grado, negli ospedali, negli ospizi, nelle piazze e...in Parlamento!!)
Enrico Lancellotti

giovedì 8 marzo 2012

La comitiva di donne in Niqab

Oggi è la festa della donna e ad Aydin gentili signorine regalano fiori rossi e bianchi per la strada.
Le regalano con un sorriso, le regalano sotto il sole e, cosa che mi ha ancor di più sorpreso, le regalano a tutti.
Così nell'ora di punta la strada è un via vai fluttuante di petali portati a spada da bambini alti meno di un metro, donne di tutte le età e uomini più o meno aitanti.

E allora ho deciso di condividere queste brevi righe scritte qualche tempo fa, quando ero a Istanbul, città incantevolmente divisa tra la vecchia Europa ed il nuovo Oriente.

Non parlano né di torture ignobili né di donne operaie cadute in disgrazia perchè, in fondo, oggi si festeggia – che vi piaccia o no – una cosa bella ed è di cose belle che si dovrebbe parlare.

Perchè, diciamocelo, essere donne è una cosa perlomeno favolosa.


LA COMITIVA DI DONNE IN NIQAB

Ed è arrivata la Turchia, come una barca nel mare limpido.
Ci sono arrivata perchè è un caso, perchè a volte si fanno scelte pensando che siano un altro tipo di scelte. 
O forse non pensando abbastanza.
Gli areoporti sono caldi, le comitive allegre di donna in Niqab ancora di più. La dimostrazione reale che a volte smitizzare il femminismo occidentale si può.

E allora ve lo racconto, perchè quella volta mi sono sentita strana.

Camminavo per la strada, con una gonna troppo corta.
Istanbul brulicava di macchine e persone, il fumo dei tubi di scappamento danneggiati si mischiava allo sciame di voci delle persone in fila per raggiungere l'incrocio.
Era Novembre, il cielo sottilmente grigio e l'aria fredda per l'Inverno sopraggiunto.
Il cappotto non mi copriva bene, forse non era neanche un cappotto e - maledizione dell'inverno - sì faceva freddo.
Una sottile nebbia rotta dal caos contribuiva al sentirsi come solo di passaggio.
Mi misi ad aspettare ad un incrocio.
Sullo spiazzato di un'isola tra due strade con macchine sfreccianti stava una rosa nera di petali ballerini. 
Era una comitiva di donne in Niqab. 
Il fiore si aprì e i petali iniziarono a disperdersi nei pressi di dove prima stavano raggruppati, leggeri e calmi ad ingannare l'attesa.

Parlavano velocissime quasi a spettegolare, e avevano nel modo di fare la leggerezza di una scolaresca tutta al femminile. Se fossero state le protagoniste di Sex and The city non mi avrebbe sorpresa, se si fossero messe a correre urlando “eeeeeeeee” verso una popstar giapponese forse non sarei stata divertita più di così. E in più avevano quei bambini, i loro bambini, e l'alternarsi della frivola giovinezza con l'essere madre incantevolmente non cozzava affatto.

Io non lo so se fosse perchè erano tutte donne quelle parti di fiore così ben poste. Se perchè fossero con i loro bambini e mi sembrassero così dedite al ruolo di madre o se perchè fossero semplicemente belle a mostrare della loro felicità solo gli occhi ridenti. 
Io non lo so perchè, ma nel guardarle mi sono sentita felice.




(Per vostra curiosità:)



domenica 4 marzo 2012

La disfatta romana - 3 motivi (discutibili) per cui i giovani si mettono in viaggio

Cari amici, amiche, conoscenti, parenti..cari bambini                                                                    



                                                         
Sono tornata
e sono anche ripartita
e avevate torto
tutti, maledettamente torto.

Girando per areoporti ho potuto sviluppare un sano odio viscerale per gli italiani all'estero;
solo per gli italiani, perchè li capisco.
Non che non riesca a capire altre lingue, tsk, ma certe volte bisogna ignorare il significante e guardare dritto oltre la spessa coltre di merda nascosta dietro i discorsi delle comitive organizzate di ritorno.

Vantaggi che solo i madrelingua hanno.

E così mi ascolto tutti gli esibizionismi degli eccitati viandanti tornati da ercolane fatiche.

Dalla ragazza in pashmina che legge rapita e a gran voce sterili concetti metafisici e religiosi sui luoghi appena visitati
(a cogliona stai a tornà a roma, te le dovevi legge prima)

passando per i toscani che i più simpatici so loro (e per favore lasciamoglielo credere)

all'intellettuale di sinistra che fa una magra critica alla pulizia delle strade di Roma mentre a Istanbul "ti rendi conto ci stanno sempre gli omini co le scopette"
(come se la turchia dovesse perforza essere sporca)

buttat'v entr' a u ciess.
perchè mi fate sentire sola anche quando sono a casa.

Vignette Uomini - Il viaggio
"Vado dove va lei!"


E allora voglio fare delle considerazioni.

LE MOTIVAZIONI DEL VIAGGIO

Il perchè uno parte non lo sa mai, si scopre quando si torna a casa.

Motivazione Zero: parlare del niente, indossare pashmine, rimorchio di brasiliane in tanga

Si arriva che si crede di essere partiti perchè "almeno si è visto un posto". E così al ritorno ci si accontenta delle foto e dei racconti falsamente esilaranti.
Quando va particolarmente male c'è anche qualcuno che mostra dei video su quella caduta lì, quello scherzone là.

Cheppalle.

Scorci di mondo divelti da ebeti.

(by Yue Minjun)


Il perchè uno parte non si sa mai, ed è per questo che io di foto non ne faccio e di video, perl'amordiddio, ancor meno. Perchè al ritorno devo capire.
Quando torno sto un giorno a casa.
Di sasso.
E mi riprendo.
Perchè devo riprendermi, e stavolta più che mai.

(Quand'è che si è viaggiatori e quando turisti?
Io una risposta me la sono data, per quanto scarna.
E sta sempre in quelle poche parole
La meta è nel percorso.
Il turista fa un percorso di strade, di monumenti, di cose da vedere che prova a fotografare quasi a rubarle.
Il viaggiatore fa un percorso emotivo, quella potrebbe essere casa ma non lo è, assaggiando la vita partecipa a un gioco di mimi che svanirà girato l'angolo.
Ma qualcosa cambia per tutti, ogni volta, sempre, sia se in tasca hai una foto dove sorreggi la torre di Pisa sia se sei stato semplicemente un te diverso reinventato e tornato.)

"La vita è un viaggio e viaggiare è vivere due volte" 
Omar Khayyam




Dal mio mirabolante viaggio nei Balcani ero tornata molto più confusa di come ero partita.
Ho passato due giorni a dormire e quando mi sono svegliata, senza sapere se fosse giorno o notte, avevo capito che del mondo ho fame come quando ti manca l'aria;
che avevo visto terre, usanze e avventori avvicendarsi al galoppo, come quando premevo il tasto forward delle videocassette, che c'ho rotto La Sirenetta per fare così;
che ero partita perchè non mi sarebbe più ricapitato

ma che ne avevo abbastanza.



Primo motivo: l'avventura che non ti ricapita            


PERICOLOSINO

rischi di trovarti a fare il giocoliere in spagna con due dread al posto dei capelli
continuando a sognare l'ingegneria areospaziale
perchè l'avventura provocatrice seduce puttana
i timidi desideri dei sogni si fanno da parte esilmente sotto cieli di confusione, per diventare insostenibili massi di rimpianti una volta che sono scivolati via per sempre.



Dal mio ritorno dagli ospedali africani ero tornata estasiata e piena di vestiti da donna di colore e, soprattutto, con la voglia di ricominciare.
Non avevo dormito nè riflettuto troppo, avevo sparso qualche lacrima per un amore da poco e mi ero vestita da negra al seguente carnevale.
E ho ricominciato a fare gli esami.

Secondo motivo: non so cosa fare della mia vita, quindi parto



PERICOLOSO

Ritengo che abbandonarsi a lascivi gemiti illusori emessi da città incantate sia controproducente.
La Berlino degli artisti postmoderni
La Londra per imparare l'Inglese
L'India per fare joga e imparare la meditazione
non farai l'artista se non lo sei già, non farai l'inglese, non farai il santone.

Il cambiare vita si può ma bisogna avere ben in mente chi si è, e da cosa si parte.
E non si discute.
Lasciare spazio all'improvvisazione è sensato solo se si parte da solide basi.
Catone diceva "Abbi ben chiara la cosa da dire, le parole verranno"
Trasponetela in questo contesto.

Dalla Turchia non sono ancora tornata, ma ho ben chiaro il motivo che mi spinse a partire.
Non ve lo posso dire, ma posso sintetizzarlo così

Terzo motivo: la fuga a rotta di collo



E cari amici, non so come andrà a finire, ma vi assicuro che questo è PERICOLOSISSIMO.
Va bene se vi andate a fare un weekend a una SPA ma non vi suggerisco di adottarlo per un trasferimento.
Credo che nel mio caso un senso l'abbia avuto ma, dopo i primi mesi passati ad entusiasmarmi, ho dovuto rivedere tutti i progetti e le priorità, e ora non è più una fuga ma una presa di responsabilità e un confronto reale.



E a volte uno torna a casa, nella vecchia Italia, che se però vivi fuori è quasi come un altro viaggio.
Sono tornata a Roma, la settimana scorsa, all'improvviso, di soppiatto, senza pensarci, con un biglietto fatto tre giorni prima.
Appena atterrata ho dimenticato tutte le motivazioni, le pippe sugli italiani all'estero e le mete dei percorsi.
Io una meta ce l'avevo
E me la sono data in faccia.

Quarto motivo: Aspettare che qualcosa sia lì per voi, sapere esattamente cosa si vuole, ricercare la meta con indiscussa solerzia

SUICIDIO.

A volte capita che uno parte solo perchè ha voglia di qualcosa che è lì
ma quella cosa non è più lì
o forse non c'è mai stata
la stanno restaurando o è finito lo sconto per gli studenti o tutt'e due.

E. Rubinstein


Per la prima volta sapevo perchè partivo e una volta tornata  c'ho messo un giorno tra letture, sonni e cibo spazzatura per capire che adesso c'è solo un rimorso.

A Settembre andrò a Parigi, prima di compiere i miei 26 anni. A Parigi si entra dappertutto gratis se si  ha un'età uguale o inferiore ai 25 anni. Vado per chiudermi nel Louvre.
Prima di quel giorno, io ve lo giuro, non partirò mai più con un movente prefissato.

Perchè tanto te lo dai in faccia.

"La vita è quello che ti capita mentre stai facendo altri progetti"
Ricordatevelo amici cari.



Grazie a tutti.