"La vita è un viaggio e viaggiare è vivere due volte"
Omar Khayyam

martedì 18 dicembre 2012

Quel che resta di Alberto


Nuotava da tutta la vita. Nuotava per imparare a nuotare, per crescere, per essere forte e robusto. Dopo qualche tempo iniziò anche a cacciare. Nell'acqua ci si trovava bene, era come un sogno a due tempi: prima si galleggia pigri, poi si nuota.

Un giorno decise che voleva uscire dall'acqua.
Incontrò i vecchi amici pesci, che nuotavano senza risparmio e sembrava non avessero altro da fare. Non riusciva bene a comunicare con loro.
Quando annunciò loro il suo intento nessuno gli credette.

"Non potrai respirare, morirai!!!"

Ma quel giorno Alberto iniziò a nuotare forte, anzi fortissimo, verso la riva. L'acqua diventava più calda e man mano che si avvicinava alla terraferma le zampe iniziarono a strisciare sul suolo.
Non si era mai accorto di avere delle zampe.

"Forse sono un animale come un'antilope o una quaglia!" pensò pieno di eccitazione. Essere un pesce l'aveva stancato.

L'ascesa all'aria gli procurò brividi sconosciuti.
Gli mancò l'aria, credette di morire.
Quando tutto il corpo fu fuori ed il pentimento di quella avventura si era già fatto padrone, iniziò a sentirsi diverso: vigoroso e superbo.

Iniziò a camminare, poi a saltare, sempre più alto, sempre più in là.

Sulla terraferma iniziò a viverci. Trovò del cibo buono anche lì, forse anche migliore.

"Ciao a tutti, sono Alberto e vengo dall'acqua!"

Le giraffe lo ascoltavano divertite, ché con i loro colli lunghi in acqua o fuori per loro era lo stesso. Le iene ridevano solamente ed ai leoni, per carità, non aveva mai osato avvicinarsi.

In fondo non era poi così male. Si era fatto degli amici in poche ore e il sole caldo era delizioso.

Presto però Alberto sentì nostalgia dell'acqua. Le cose antiche non si dimenticano neanche quando si è sopraffatti dai novizi entusiasmi.
Così si riavvicinò al lago.

Era così bello visto da fuori!

Non capì come mai quando invitò i nuovi amici a fare un bagno essi non lo seguirono, anzi lo schernirono: "Ci siamo già abbeverati, che idee strambe che hai animaletto dell'acqua, và via, questo caldo ci leva energie."

A queste parole Alberto si fece triste.
Non potè fare a meno di seguire la sua natura... però era solo.

Tornò in acqua, ma non era più come prima. I pesci non lo riconobbero e non era più capace di nuotare come una volta.
Dopo qualche ora si stancò e uscì fuori dall'acqua di nuovo. Gli animali della terra esclamarono "Già di ritorno? Strano che tu non sia morto!"

Non capiva perchè avessero cambiato il loro modo di fare.
A volte certi animali sono dispettosi e scambiano le diversità altrui per stranezze da cui stare alla larga.

Alberto passò qualche giornò così, uscendo e rientrando nell'acqua, non riuscendo a fare nient'altro.

Un giorno incontrò un animaletto vicino al lago.
"Ciao, come ti chiami? Io sono Alberto e non so se sono un animale di acqua o di terra, però posso saltare e nuotare!"
Lei lo guardò con tenerezza, lui colse lo sguardo di lei. Era sorpreso:  lo trovò così simile al suo...

"Ciao Alberto, io sono Priscilla, e sono una rana, quello che sei anche tu. Andiamo a nuotare insieme, dopo ci asciugheremo al sole e così sarà ancora più bello bagnarsi di nuovo!"

Alberto non poteva crederci.
Nonostante gli schernimenti, le proteste, i brividi e l'aria che a volte gli era mancata quel che restava di Alberto era un nuovo animale, forte dell'aver seguito le proprie inclinazioni, vincendo ogni paura.
Si sentì felice, senza capire bene il perchè; decise di tuffarsi con Priscilla nel lago, in quello che fu il vero inizio della sua vera vita da anfibio.


A mio fratello

mercoledì 5 dicembre 2012

Medicina e Chirurgia Roma LaSapienza

Se crescere significa partire
partire significa andare lontano
e andare lontano significa ritornare

Allora laurearsi corrisponde al pensionamento?

(L'esame di Psichiatria  è un viaggio negli abissi senza ritorno)

mercoledì 22 agosto 2012

Me so dovuta comprà le scarpe aperte perchè le mie ce l'ha Ozgun che sta in Turchia

Il caldo

A me non me n'è mai fregato un cazzo del caldo e della metereologia in generale

Ho attraversato la neve di mezza Europa con un cappottino primaverile molto cool
Almeno non mi ingrassava

Ho portato gli stivali di cuoio neri fino a luglio 
Almeno slanciavano la figura

Ora muoio in costume su una poltrona con un gatto nero che perde peli, di quei tempi solo un ricordo, anelito d'amore per la temeraria giovinezza andata. 

Gli anfibi in spiaggia sono la vera rivoluzione.

Ciao Mia Roma, mi ucciderai

Tua Mariagiovanna in ciabatte

(e compratevi le Goldstar che so come le Birkenstock e costano la metà.)
Ma di vernice fanno schifo

sabato 7 luglio 2012

"Two things that change your life: fall in love and be an Erasmus student"
Un giorno ho letto questa pubblicità.

L'avevo trovata esagerata.

Ora sono a Campobasso, tornata dalla Turchia, tornata dalle rovine mesopotamiche, tornata da ogni cazzo di kebab e capra turca che mi ha seguita credendomi un pastore.

Ebbene, io ora un pò ci credo. 

Cosa ha attecchito nella mia mente non lo so, però l'altro giorno sono uscita di casa con lo zaino in spalla e ho camminato per tre ore tra il borgo antico di Campobasso, mia città natale, come una turista in cerca della Turchia.

E l'ho trovata, anche qui, anche ora, scommetto che la troverò anche domani.


EVERYTHYNG IS JUST A RELATIVE MENTAL STATE.
Escher, Relativity


(One day i red on an advertisment this words: "Two things can change your life: fall in love and the Erasmus program".

That day i thought that it was an exageration.

Now i'm in Campobasso, i came back from Turkey, i came back from Mesopotamia's ruins, came back from every fucking kebab and from every fucking goat that was following me, believing that i was a sheepkeeper.

Well.. now, a little, i believe in that words.

I don't know which seed has growth in my mind but some days ago i went out from my home with the backpack on my shoulder and i walked for hours trough the Old Campobasso, my hometown, like a tourist looking for Turkey.

And i found it, here too, now also, i bet tomorrow i will find it as well. )


giovedì 19 aprile 2012

Why turkish people are continuing to call me on the phone...

also if they can't speak english?

I've been in Cappadocia last week. Actually and more exaclty, i've spent almost 72 hours in tracks, cars, minibus, baby-cyclettes, to reach Cappadocia passing trough Fethye, Antalya, and  Tuz Golu, all places where we spend the night.

Of course by hichiking
of course all togheter
of course with any kind of people
but all of them:
so kind
so gentle
so food keeping and giving (they feeded us like fucking fat chickens).

Ok, turkish people are lovely. Who will want to say, in the future, that turkish people are bad will have to pass on my dead body.

Two guys offered themselves to pay us the bus from Aksaray to Izmir (almost 2000 km), of course after paid for us the dinner too (they gave us almost 100 euro and we were for them totally strangers, found in the deep night on a road).

I felt like a prostitute, i have to admit, but really we were in the windy and rainy night of Gozeme (amazing centre of Kappadokia) without any money and home neither.

The point is: most of the people who helped us in our long road trip where camion driver-not speaking english. We exchanged our phone number in case of need, in case of problems and, personally, to don't forget them, to see their names in my mobile and remembering forever that one day, when i was young, dirty, tired and in the middle of nothing, someone in the deep of Turkey helped me, just because i was needing.

Marcin, Juanjo, Agata and me, so beautiful in a track i don't remember where


But i got the point: for them maybe this romanticism is un-necessary.

So now Alì, kurd track driver, is calling me every day speaking about nothing!!!

Hava coc guzel (the weather is good)
Sen nissilsin? (how are u?)
Ben coc guzel, tesekkurler (I'm fine, thanks)

And so on....
every day.

I tried to tell him some funny stories about our trip, about my wishes or activities or even thougts but, of course, my turkish is not enough and i guess he's not understanding nothing.
On top of all this he is not admitting the point that someone can speak his language not so good, so he keeps speaking as fast as he can without taking care about my complaining!!!

No communication.

And this is only one of the examples.

So why are this turkish-not speaking english -men continuing  to call me?

"BECAUSE THEY WANT TO FUCK ME!!! "
(dedicated to Marcin)


AFYET OLSUN

Hitchhiking near Isparta looking for Konya

martedì 17 aprile 2012

Scrivere blog

E ormai ho capito, neanche scrivere il blog è per me.

Perchè all'inizio lo si fa per condividere
ma poi uno finisce col vendersi.

Non ho tempo
non ho voglia

Come faccio a descrivervi 40 km zaino in spalla di cappadocia?
Come faccio a raccontarvi di quando per strada ci siamo persi e abbiamo dormito in una stanza-moschea di una stazione di benzina?

non ho gli strumenti.

Voglio solo dire questo
d'ora in poi scriverò cose solo se avrò voglia di dirle

e non saranno chiare.

Addio

giovedì 15 marzo 2012

Ode ai pastori



Dedicato a chi pensa molto-troppo

"Si ode spesso taluni asserire di avere in mente molti e importanti pensieri, ma di non riuscire a esprimerli. In verità, se li avessero davvero, li avrebbero coniati in tante belle parole sonanti, e perciò espressi. Se, nell’atto di esprimerli, quei pensieri sembrano dileguarsi o si riducono scarsi e poveri, gli è che o non esistevano o erano soltanto scarsi e poveri” (Benedetto Croce)

Oggi ho visto una donna. Stava accovacciata su una pietra a cavallo tra prati ed asfalto.

L'ho guardata bene, perchè l'autobus andava pianissimo giacchè la strada non poteva essere propriamente chiamata tale e, si sa, il riguardo per gli ammortizzatori è un investimento sul futuro.

Aveva un fazzoletto in testa, il gilè moda-turca-over40 in lana cotta, un filo d'erba tra i denti e i pantaloni alla turca come i miei, solo che io li ho comprati in Salento e li indosso per casa e al mare, lei invece ci pascolava le capre.

Due per la precisione, che mi hanno guardata con la faccia un pò scema, come tutte le capre.

Io le ho salutate (le capre), perchè si dice che se fai così ti arriveranno dei soldi e di 'sti tempi non si sa mai.

Dopo il saluto mi sono persa in una vagonata di pensieri che non potrei riportare fedelmente per l'ammontare indicibile di fesserie la cui punta d'iceberg supera di sicuro la soglia di saturazione dei miei ricordi.

Pensieri su una signorina che stava lì, alle 8 del mattino, a guardare le sue pecore, placida, esattamente come le avevo guardate io.

La differenza sta nel fatto che io ero lì perchè stanotte ho dormito 4 ore e, dopo essermi versata addosso di buon mattino 3 volte di fila il caffèlatte, sono andata a prendere l'autobus sbagliato che invece di portarmi all'ospedale universitario ha deviato verso l'aperta campagna;
lei stava lì perchè probabilmente ci sta tutti i giorni, senza nessun caffèlatte pianto e versato e svegliarsi alle sei forse non le pesa.

Allora ho iniziato a fantasticare, perchè nel tornare indietro per raggiungere la meta iniziale, posta nel reparto di Ortopedia dell'ospedale, mi ci è voluta almeno un'ora.

"pensa se vado lì e sto tutto il giorno con lei e le capre chissà lei cosa penserebbe e chissà se ci capiremmo chissà se sa scrivere e leggere chissà se è mai andata fuori da Aydin chissà quanti stranieri ha visto  chissà magari imparo a fare il formaggio e apro una cooperativa in Molise di pascolo e produzione di prodotti biologici e capisco il senso della vita il documentario sulla pastorizia che ho visto quest'estate era molto interessante è una vergogna che i nostri pastori siano costretti a vendere a prezzi inferiori al reale valore i supermercati ci vendono il loro formaggio al triplice costo quello delle fabbriche invece ce lo vendono a meno che scempio che schifo che bello mentre la Turchia è al terzo posto per crescita mondiale e la disoccupazione descresce mentre in Italia stiamo con le pezze al culo lei sta facendo il lavoro che faceva sua madre e forse sua nonna e non le importa un fico secco della crescita economica e il suo formaggio sarà sempre più buono di generazione in generazione con il tramando di antiche ricette per la pastorizzazione com'è giovane si veste da vecchia non le interesseranno le zeppe sarà sicuramente un pensiero a lei nuovo il concetto di espatriare per cercare fortuna chissà cosa pensa della transumanza sarà un espatrio anche quello si userà qua bo tanto fa caldo e marx che aveva ragione lei lo ignorerà ma allora il senso della vita è avere una ricetta del formaggio da migliorare e tramandare ai tuoi figli sorridendo perchè c'hai lì quello che ti serve per farlo le tue capre sceme un filo d'erba in bocca e tutto il mondo che finisce dove puoi guardare che tanto il resto non è affar tuo perchè nel formaggio non ce lo puoi mettere e sei libero come un uccelletto "

Sono sicura che lei, invece, non ha pensato a nulla, e che il suo formaggio avrà molto più senso di molte delle cose che faccio, compreso tutto questo pensare.

Torniamo dunque alla natura. 
Mungere una capra è una delle esperienze più significative dell'umana esistenza, un'esperienza altamente erotica, per uomo o donna che sia. La capra, se non sai mungerla, non te la dà, la tetta; la sua tetta dal doppio capezzolo non è per tutti! 
Occorre sedersi allo sgabello rilassati dopo essersi lavate le mani, che non siano fredde, che siano unte con un pochino di olio d'oliva o una crema alla calendula. 
Bisogna procedere delicatamente, avendo cura di non stringere troppo, di essere regolari e di svuotere tutta la tetta dal latte che essa vi mette a disposizione, e se la capra è adulta ed e in forma la cosa richiede tempo. Il profumo della schiuma che emerge dal secchio è inenarrabile. 
Se la mungitura è affrettata si rischia la mastite e allora sono dolori, si rischia il blocco. 
La capra è notoriamente un'animale dalla intelligenza e astuzia diaboliche. 
Se lasciate aperta la porta di casa state tranquilli che vi entrerà in cucina e salirà sul tavolo, iniziando a belare per prendervi in giro. 
Se non le date la mela più buona che avete sale sulla vostra pianta e si serva da sola. 
Che non entri mai nell'orto: diventa una rasaerba ad alzo zero. 
Anche i geranei è meglio che le stiano lontani, potrebbero piacerle per il colore.... e il vostro cappello di paglia è meglio non lasciaro sul tavolo in giardino. 
Le capre hanno un nome e ti chiamano per nome. Sanno chi sei. 
Mi è capitato di vivere con loro per due anni in montagna. Si faceva il fieno a falce in estate per l'inverno e durante la bella stagione tutte a castagne sotto il bosco. Che latte, e che formaggi! 
Io mungevo la sera, la mia compagna al mattino e questa era l'unica legge ineludibile della nostra giornata. 
Perciò mi sento di proporre: più capre per tutti! 
(Nelle scuole di ogni ordine e grado, negli ospedali, negli ospizi, nelle piazze e...in Parlamento!!)
Enrico Lancellotti

giovedì 8 marzo 2012

La comitiva di donne in Niqab

Oggi è la festa della donna e ad Aydin gentili signorine regalano fiori rossi e bianchi per la strada.
Le regalano con un sorriso, le regalano sotto il sole e, cosa che mi ha ancor di più sorpreso, le regalano a tutti.
Così nell'ora di punta la strada è un via vai fluttuante di petali portati a spada da bambini alti meno di un metro, donne di tutte le età e uomini più o meno aitanti.

E allora ho deciso di condividere queste brevi righe scritte qualche tempo fa, quando ero a Istanbul, città incantevolmente divisa tra la vecchia Europa ed il nuovo Oriente.

Non parlano né di torture ignobili né di donne operaie cadute in disgrazia perchè, in fondo, oggi si festeggia – che vi piaccia o no – una cosa bella ed è di cose belle che si dovrebbe parlare.

Perchè, diciamocelo, essere donne è una cosa perlomeno favolosa.


LA COMITIVA DI DONNE IN NIQAB

Ed è arrivata la Turchia, come una barca nel mare limpido.
Ci sono arrivata perchè è un caso, perchè a volte si fanno scelte pensando che siano un altro tipo di scelte. 
O forse non pensando abbastanza.
Gli areoporti sono caldi, le comitive allegre di donna in Niqab ancora di più. La dimostrazione reale che a volte smitizzare il femminismo occidentale si può.

E allora ve lo racconto, perchè quella volta mi sono sentita strana.

Camminavo per la strada, con una gonna troppo corta.
Istanbul brulicava di macchine e persone, il fumo dei tubi di scappamento danneggiati si mischiava allo sciame di voci delle persone in fila per raggiungere l'incrocio.
Era Novembre, il cielo sottilmente grigio e l'aria fredda per l'Inverno sopraggiunto.
Il cappotto non mi copriva bene, forse non era neanche un cappotto e - maledizione dell'inverno - sì faceva freddo.
Una sottile nebbia rotta dal caos contribuiva al sentirsi come solo di passaggio.
Mi misi ad aspettare ad un incrocio.
Sullo spiazzato di un'isola tra due strade con macchine sfreccianti stava una rosa nera di petali ballerini. 
Era una comitiva di donne in Niqab. 
Il fiore si aprì e i petali iniziarono a disperdersi nei pressi di dove prima stavano raggruppati, leggeri e calmi ad ingannare l'attesa.

Parlavano velocissime quasi a spettegolare, e avevano nel modo di fare la leggerezza di una scolaresca tutta al femminile. Se fossero state le protagoniste di Sex and The city non mi avrebbe sorpresa, se si fossero messe a correre urlando “eeeeeeeee” verso una popstar giapponese forse non sarei stata divertita più di così. E in più avevano quei bambini, i loro bambini, e l'alternarsi della frivola giovinezza con l'essere madre incantevolmente non cozzava affatto.

Io non lo so se fosse perchè erano tutte donne quelle parti di fiore così ben poste. Se perchè fossero con i loro bambini e mi sembrassero così dedite al ruolo di madre o se perchè fossero semplicemente belle a mostrare della loro felicità solo gli occhi ridenti. 
Io non lo so perchè, ma nel guardarle mi sono sentita felice.




(Per vostra curiosità:)



domenica 4 marzo 2012

La disfatta romana - 3 motivi (discutibili) per cui i giovani si mettono in viaggio

Cari amici, amiche, conoscenti, parenti..cari bambini                                                                    



                                                         
Sono tornata
e sono anche ripartita
e avevate torto
tutti, maledettamente torto.

Girando per areoporti ho potuto sviluppare un sano odio viscerale per gli italiani all'estero;
solo per gli italiani, perchè li capisco.
Non che non riesca a capire altre lingue, tsk, ma certe volte bisogna ignorare il significante e guardare dritto oltre la spessa coltre di merda nascosta dietro i discorsi delle comitive organizzate di ritorno.

Vantaggi che solo i madrelingua hanno.

E così mi ascolto tutti gli esibizionismi degli eccitati viandanti tornati da ercolane fatiche.

Dalla ragazza in pashmina che legge rapita e a gran voce sterili concetti metafisici e religiosi sui luoghi appena visitati
(a cogliona stai a tornà a roma, te le dovevi legge prima)

passando per i toscani che i più simpatici so loro (e per favore lasciamoglielo credere)

all'intellettuale di sinistra che fa una magra critica alla pulizia delle strade di Roma mentre a Istanbul "ti rendi conto ci stanno sempre gli omini co le scopette"
(come se la turchia dovesse perforza essere sporca)

buttat'v entr' a u ciess.
perchè mi fate sentire sola anche quando sono a casa.

Vignette Uomini - Il viaggio
"Vado dove va lei!"


E allora voglio fare delle considerazioni.

LE MOTIVAZIONI DEL VIAGGIO

Il perchè uno parte non lo sa mai, si scopre quando si torna a casa.

Motivazione Zero: parlare del niente, indossare pashmine, rimorchio di brasiliane in tanga

Si arriva che si crede di essere partiti perchè "almeno si è visto un posto". E così al ritorno ci si accontenta delle foto e dei racconti falsamente esilaranti.
Quando va particolarmente male c'è anche qualcuno che mostra dei video su quella caduta lì, quello scherzone là.

Cheppalle.

Scorci di mondo divelti da ebeti.

(by Yue Minjun)


Il perchè uno parte non si sa mai, ed è per questo che io di foto non ne faccio e di video, perl'amordiddio, ancor meno. Perchè al ritorno devo capire.
Quando torno sto un giorno a casa.
Di sasso.
E mi riprendo.
Perchè devo riprendermi, e stavolta più che mai.

(Quand'è che si è viaggiatori e quando turisti?
Io una risposta me la sono data, per quanto scarna.
E sta sempre in quelle poche parole
La meta è nel percorso.
Il turista fa un percorso di strade, di monumenti, di cose da vedere che prova a fotografare quasi a rubarle.
Il viaggiatore fa un percorso emotivo, quella potrebbe essere casa ma non lo è, assaggiando la vita partecipa a un gioco di mimi che svanirà girato l'angolo.
Ma qualcosa cambia per tutti, ogni volta, sempre, sia se in tasca hai una foto dove sorreggi la torre di Pisa sia se sei stato semplicemente un te diverso reinventato e tornato.)

"La vita è un viaggio e viaggiare è vivere due volte" 
Omar Khayyam




Dal mio mirabolante viaggio nei Balcani ero tornata molto più confusa di come ero partita.
Ho passato due giorni a dormire e quando mi sono svegliata, senza sapere se fosse giorno o notte, avevo capito che del mondo ho fame come quando ti manca l'aria;
che avevo visto terre, usanze e avventori avvicendarsi al galoppo, come quando premevo il tasto forward delle videocassette, che c'ho rotto La Sirenetta per fare così;
che ero partita perchè non mi sarebbe più ricapitato

ma che ne avevo abbastanza.



Primo motivo: l'avventura che non ti ricapita            


PERICOLOSINO

rischi di trovarti a fare il giocoliere in spagna con due dread al posto dei capelli
continuando a sognare l'ingegneria areospaziale
perchè l'avventura provocatrice seduce puttana
i timidi desideri dei sogni si fanno da parte esilmente sotto cieli di confusione, per diventare insostenibili massi di rimpianti una volta che sono scivolati via per sempre.



Dal mio ritorno dagli ospedali africani ero tornata estasiata e piena di vestiti da donna di colore e, soprattutto, con la voglia di ricominciare.
Non avevo dormito nè riflettuto troppo, avevo sparso qualche lacrima per un amore da poco e mi ero vestita da negra al seguente carnevale.
E ho ricominciato a fare gli esami.

Secondo motivo: non so cosa fare della mia vita, quindi parto



PERICOLOSO

Ritengo che abbandonarsi a lascivi gemiti illusori emessi da città incantate sia controproducente.
La Berlino degli artisti postmoderni
La Londra per imparare l'Inglese
L'India per fare joga e imparare la meditazione
non farai l'artista se non lo sei già, non farai l'inglese, non farai il santone.

Il cambiare vita si può ma bisogna avere ben in mente chi si è, e da cosa si parte.
E non si discute.
Lasciare spazio all'improvvisazione è sensato solo se si parte da solide basi.
Catone diceva "Abbi ben chiara la cosa da dire, le parole verranno"
Trasponetela in questo contesto.

Dalla Turchia non sono ancora tornata, ma ho ben chiaro il motivo che mi spinse a partire.
Non ve lo posso dire, ma posso sintetizzarlo così

Terzo motivo: la fuga a rotta di collo



E cari amici, non so come andrà a finire, ma vi assicuro che questo è PERICOLOSISSIMO.
Va bene se vi andate a fare un weekend a una SPA ma non vi suggerisco di adottarlo per un trasferimento.
Credo che nel mio caso un senso l'abbia avuto ma, dopo i primi mesi passati ad entusiasmarmi, ho dovuto rivedere tutti i progetti e le priorità, e ora non è più una fuga ma una presa di responsabilità e un confronto reale.



E a volte uno torna a casa, nella vecchia Italia, che se però vivi fuori è quasi come un altro viaggio.
Sono tornata a Roma, la settimana scorsa, all'improvviso, di soppiatto, senza pensarci, con un biglietto fatto tre giorni prima.
Appena atterrata ho dimenticato tutte le motivazioni, le pippe sugli italiani all'estero e le mete dei percorsi.
Io una meta ce l'avevo
E me la sono data in faccia.

Quarto motivo: Aspettare che qualcosa sia lì per voi, sapere esattamente cosa si vuole, ricercare la meta con indiscussa solerzia

SUICIDIO.

A volte capita che uno parte solo perchè ha voglia di qualcosa che è lì
ma quella cosa non è più lì
o forse non c'è mai stata
la stanno restaurando o è finito lo sconto per gli studenti o tutt'e due.

E. Rubinstein


Per la prima volta sapevo perchè partivo e una volta tornata  c'ho messo un giorno tra letture, sonni e cibo spazzatura per capire che adesso c'è solo un rimorso.

A Settembre andrò a Parigi, prima di compiere i miei 26 anni. A Parigi si entra dappertutto gratis se si  ha un'età uguale o inferiore ai 25 anni. Vado per chiudermi nel Louvre.
Prima di quel giorno, io ve lo giuro, non partirò mai più con un movente prefissato.

Perchè tanto te lo dai in faccia.

"La vita è quello che ti capita mentre stai facendo altri progetti"
Ricordatevelo amici cari.



Grazie a tutti.

lunedì 13 febbraio 2012

Fare finta di non essere grassi (come relazionarsi alla societa' ın presenza dı un evıdente sovrappeso)

I maledetti uomini turchi mi chiamano "Balık etlı".


Donne Balık Etlı
Letteralmente significa "carne di pesce",
nell'italiano comune può essere semplicemente tradotto come "donna in carne".

LA STORIA:

Al mio arrivo in Turchia ero sola, spaurita, e con un peso quasi decente. 

Nelle successıve gıornate ho accumulato una varıegata comıtıva dı amıcı, dı dıversı usı, costumı e nazıonalıtà.

Cosa accomuna le gentı dı paesı dıversı? Come sı fa a stabılıre un vıssuto comune con le barrıere culturalı e lınguıstıche? 


Ho dunque optato per la strategia che prevedeva di iniziare la mia nuova vita sociale con la condivisione dei bisogni primari.

MA:
  • dormire è un'attività poco ricreativa
  • fare i bisognini insieme sarebbe stato ınteressante, ma Bunuel mi convinse a proprio tempo della surrealità della faccenda

 Luis Bunuel che ne sa una più del diavolo (da "Il fantasma della libertà")
  • avere del sesso e' prematuro



resta mangıare...


... e ıngrassare 7 kg ın 3 mesı.
(true story)
Anche Christina è stata in Turchia


E quando le cose si mettono così,
se le "fantasiose insalate" proposte da Grazia e Donna Moderna non hanno funzionato,
se al mattino vi svegliate con ıl pensiero ossessivo delle 4 fette dı pane coı semını+marmellata di ciliegie,
se la velocıtà del vostro metabolısmo sı aggıra attorno al nome dı quel "bel" gruppo musıcale ıtalıano che cantava turuturututtù,
e se ıl vostro ıppocampo sı e' chıuso nella difesa della fame emotiva


RIMANE UN'UNICA ALTERNATIVA: FARE FINTA DI NON ESSERE GRASSI.



mercoledì 8 febbraio 2012

Come rubare un'ala di pollo e non pentirsene

Orsù siamo tornati

Tutti
Appassionati
Senza vergogna
Senza mutilazioni

Siamo tornati!!


Aydin è ancora più piccola dopo la traversata euro asiatica e ora tocca reinventarsi.

Quindi stanotte decidiamo di inaugurare la Turchia io e la spagnola con un litro di birra e sei ore di Tavla.
Stamattina non voglio dire quanto tempo ho speso in un luogo privato.

I Turchi si mettono sempre in mezzo quindi giacchè non gli garbava il nostro modo di giocare a tavla hanno dovuto cambiarci tutte le regole; per farsi perdonare dell'arroganza ci hanno offerto 200 gr di prugne secche.
Stamattina non voglio dire quanto tempo ho speso in un luogo privato.



E così come le donne in menopausa corriamo libere e felici tra le stradine a mò di Tavenna di Aydin.

E non so so come si siamo ritrovate in un retrobottega di quei negozi loschi che vendono tutto a poco.

E non so perchè ci siamo fidate di chi c'era dentro: due turchi con evidenti problemi di sovrappeso.

Però la birra era gratis, e il pacco di pipas anche.


il romanticismo delle pipas
Un pò ci insospettiamo, perchè due donzelle belle e sole in un posto così non devono starci.

Appena i sovrappeso si alzano la spagnola inizia a parlare nello spagnolo-italiano-codice segreto.

"Ellos estan serrando la porta non me gusta Maria non me gusta, che pensi?"
"Penso che in este situaciones conta la rabia"
E la rabbia è tanta.

Quindi mi alzo
vado verso un piatto appoggiato lì

Rubo un'ala di pollo.

E me la mangio.

La Spagnola mi guarda attonita e non capisce, quando i sovrappeso tornano nascondo il resto dietro la schiena.


Conta la rabbia!!!




Ma in relazione alle mie ricerche statistiche i turchi non sono avezzi allo stupro.

Per amor di cronaca riporto l'eccezione:
<B>Istanbul, trovata morta<br>l'artista milanese scomparsa</B>
Giuseppina Pasqualino, detta Pippa, artista milanese stuprata e uccisa nei pressi di Istanbul (foto di LaRepubblica)


La signora vestita da sposa intendeva portare "un messaggio di pace" attraversando il Middle-Est by autostop.


Il perchè andare in giro come a Carnevale travestita da sposa occidentale in Paesi di diversa cultura e religione, da sola, in autostop, debba rappresentare "un'opera d'arte" mi sfugge.


L'impavida artista si divide prima della Turchia dall'amica e decide di arrivare in Siria da sola, appunto in autostop, ecco che alle porte turche becca con estrema fortuna un disadattato-divorziato-pregiudicato-camionista nei pressi di Istanbul che la carica la stupra e la uccide in una tempistica record.


Quindi benvenuti gli allarmisti, benvenute le intellettuali a favore della libertà della donna perchè qui così usiamo,  benvenuti i camionisti disadattati, benvenute le artiste femministe coglione, benvenuti tutti.
Vi amo tutti e faccio le condoglianze.

Ma

According to my researches i Turchi non sono avvezzi allo stupro.
E mai nessun turco mi ha fatto sentire in imbarazzo in tal senso.

Ma 

se non vi sentite sicure 
se amate serrare le porte la notte
se la storia di Pippa vi fa ancora fare brutti sogni 
se per voi i marocchini, gli indiani, i turchi, i rumeni,i montegrebini, gli indigeni australiani e gli ugandesi sono tutti "neri" e li guardate come sorprese da un'acuzia di emobolia polmonare



EBBENE
potete sempre rubare delle alette di pollo allo spiedo, 
e mangiarle.


TRUE STORY


Welcome in Turkey.

venerdì 3 febbraio 2012

Piccole Parentesi di ubriachezza - Delirio di una notte di mezzo Inverno

Dondolo di ali in fumo
mozza il silenzio degli occhi


Col vento si spippola il corallo                                            
di una sete di baci


Allibisco all'alba


Mi si travasa la vita
in un ghirigoro di nostalgie


Ora specchio i punti di mondo
che avevo compagni
e fiuto l'orientamento


Sino alla morte in balia del viaggio


Abbiamo le soste di sonno


Il sole spegne il pianto


Mi copro di un tiepido manto
di lind'oro


Da questa terrazza di desolazione
in braccio 
mi spingo al buon tempo


G.Ungaretti




Certe poesie vorremmo averle scritte noi.


Notte tra il 31 Gennaio e il 1 Febbraio, treno Sarajevo-Zagabria 


E' notte piena
e io non trovo la sosta di sonno


Il mio balcone di quiete va via ad ogni 
respiro non preso


La giornata di oggi: una negazione continua


Irrealtà 


La ragione e l'orgoglio
in un bilancio precario.


Mostar strade di sassi
Sarajevo strade di vita


Svendita e meraviglia


Mi chiedo da che parte stia io.


Treno per Zagreb
Kiel ancora meta lontana
e Lui continua a non essere(ci)


E più io lo sento


Il completamento di me
in una pace mai arresa




(mo me sento Ungaretti)


31 gennaio , il cielo pone sulla cima dei minareti una ghirlanda di lumini


Mostard_ meta turistica senza un perchè
cittadina d'incanto
statico


Bellezza


Il treno corre per sarajevo solo due volte al giorno
Pazzia.
L'unica andata alle 7.00


Sacrificio dubbio la sveglia alle sei, rubo ubriaca tra le bancarelle meravigliose ed uguali


Sarajevo bomboniera di vita
L'abbiamo assaggiata a metà 
e ti rimane la voglia


Vino e formaggio, cioccolata e bon bons
la notte passa lenta tra un dissidio sopito e l'inadeguatezza latente


Non è possibile bastare a se stessi

giovedì 2 febbraio 2012

E anche Gennaio finisce. Da Belgrado a Lubiana

1 Febbraio, treno da qualche parte in Ungheria


E così Febbraio si è aperto, e da 15 giorni il viaggio non è più straordinario ma un modo di vivere
Mi aspettano altri 1000 km e non me ne curo.


Lasciare la Serbia e dimenticarla con la Bosnia
Altra moneta, altri costumi, altra lingua
Neanche una traccia della ex jugoslavia


La stazione di Sarajevo è un incubo
Non mi sento al sicuro
"here the gipsy are quicker"
è il sentimento comune
Mendicanti si avvicinano, io voglio andare via
Prendiamo il tram, ci avviciniamo all'ostello
La Sarajevo di quella notte di Sabato sera per me è stata una Cortina d'Ampezzo meno alla moda, baite di legno, neve sulle montagne


SALITA DISARMANTE CARICHI COME MULI LASTRICATA IN GHIACCHIO CON ORNAMENTI IN NEVE


ostello deserto, come prendere un appartamento per sette (vivendoci in cinque)
il tipo parla come Muccino - in bosniaco, s'intende
Mangiamo il cevapi
Dormiamo senza sogni



Ci svegliamo dopo 5 ore e ci incamminiamo per Mostar, una disarmante partenza alle 7 di mattina.
Ci sono solo due treni al giorno, uno va e uno torna. 
Semplice. 


I treni bosniaci sono brutti, donati da altri Stati, abbastanza sporchi e puzzano tutti di fumo. Ma i bosniaci sono gentili e quindi uno non se ne cura.
In più ormai viaggiamo come emigranti: buste piene di cibo da dividere nelle ore e nei posti più strani.


Compagni dai campi e dalle officine.


Abbiamo dimenticato da dove venga il nostro pane, l' ajvaji è serbo, il formaggio kasabi bosniaco, la nostra cioccolata slovena, i miei asssorbenti rumeni.
E sempre vino e cioccolata, dappertutto, provenienti da ogni parte dell'Est.
Arriviamo a Mostar così organizzati, stavolta abbiamo anche gli strudel dietetici che ho comprato a Belgrado.






Appendice:


Le considerazioni circa il divieto di fumo nei locali pubblici, suggeritemi dall'aria irrespirabile in ogni bar, treno e bettola di Serbia e Bosnia Erzegovina, mi hanno fatto pensare a come la Turchia sia a tutti gli effetti un paese europeo sotto molti punti di vista. 
A tutti sarà noto il detto
"fumi come un turco"
(che ai turchi tanto fa ridere)
e il divieto in Turchia di fumare al chiuso mi sorprese piacevolmente sin dall'inizio.


Da queste considerazioni mi è venuto da pensare che ho voglia di condividere con voi la nostalgia per la nazione che ora mi ospita e porre in evidenza alcune differenze culturali tra l'Est europeo e il mio Paese middle-asiatico.






Sono Italiana ma vivo in Turchia, una digressione dovuta


La Turchia mi manca, con le sue auto troppo matte e la gente che sa di famiglia.
"Kardesim kardesim!" (sorella/fratello), "Arkadas arkadas! " (amico).


... I wonder to hear this words soon...


La Turchia ora è mia, a Dicembre pensavo Italiano, ora immagino in turco.
Ogni Kebabbaro che incontriamo è una lettura veloce ai menù, ci fa sentire a casa, ma non ci fermeremo a mangiare perchè questa non è casa.


E a Bucarest di notte fermarsi a comprare il Kebab per il mio cane rumeno. Era per lui, non per me che di Kebab ne ho abbastanza e alle 4 di notte non posso mangiare.


E i Merhaba si sono sprecati, e mi ridevano gli occhi e a loro ridevano gli occhi con il nostro turco stentato; turchi rumeni: che ci fanno due turchi in Romania?
Ma i turchi sono belli e uguali dovunque, ed ecco che ci offrono Baklava e Locum, chè non capivano cosa ci facessero due italiane, una moldava (raccolta e abbandonata nel viaggio), un tedesco, un polacco e un cane rumeno a mangiare un kebab alle 4 di notte a Bucarest.


E i paragoni ogni giorno si sprecano, e le battute sono dovute, perchè con quello che ami si è anche un pò teneri e ironici.


Situazioni reali a confronto
(da esperienze di vita vissuta)


Due turisti davanti una mappa turistica di quelle grandi che trovi nelle strade, chiedono l'uno all'altro a gran voce "Where are we now?"


Abitante del posto si trova nei pressi.


Studiamo le diverse reazioni.


Bulgaria: il turista si gira e ripete la domanda all'indigeno.
Il bulgaro scappa via perplesso e spaventato senza pronunciare parola, non prima di aver messo al sicuro la propria donna.
Il turista impreca (se è italiano).


Romania: il turista si gira e ripete la domanda all'indigeno
Il rumeno risponde educatamente, saluta e se ne va. Il turista è perplesso dalla freddezza ma comunque riconoscente.


Bosnia: il turista non chiede indicazioni perchè l'indigeno è un bambino mulatto e gli ha già chiesto dei soldi.
Il turista da un biscotto a lui e all'altro bambino che nel momento è sopraggiunto, gli mostra il piercing per farli contenti e dopo una breve e incomprensibile conversazione in bosniaco tutti si congedano.


Slovenia: il turista chiede indicazioni e a rispondergli sarà una ragazza molto magra, dal bel cappotto e dall'inglese perfetto che in modo competente e meccanico gli darà tutta la praticità che stava cercando. Il turista seguirà le indicazioni e non avrà alcun problema a trovare quello che stava cercando e si dimenticherà della ragazza prima ancora di aver girato il primo angolo.


TURCHIA: il turista non chiede informazioni all'indigeno perchè egli ha già sentito il turista interrogare l'amico. Così il turco si mette in mezzo appellando il turista disperso "Arkadas Arkadas" e, dopo avergli offerto una sigaretta ed essersi premurato di comunicare in modo chiaro ed esaustivo che può in ogni momento andare a dormire a casa sua e contare su di lui, gli mostrerà dove essi si trovano in relazione alla mappa e nel contempo telefonerà ad un amico che con la macchina sta andando proprio dove i due turisti si stanno recando e sarà quindi naturalmente un piacere condividere il viaggio. Il turco sale in macchina con loro e alla fine pranzano e bevono chay per 3-4 ore circa, si scambiano i numeri di telefono, facebook e il biglietto da visita, da quel momento si scambieranno un sms ogni tanto per assicurarsi che tutti stiano bene fino alla fine delle proprie vite.


E così è inevitabile parlare con tutti i turchi che incontri, nella loro lingua e sorridendo il più che puoi
E loro sono contenti
E tutti si sentono a casa
loro e tu
Che i turchi stanno dappertutto, pure nei Balcani
(quanti kebabbari ci staranno a Roma?)




...DETTO CIO'...


Ma torniamo al nostro viaggio jugoslavo.
Sarajevo e Mostar, dicevo.
Mostar è una cittadina che all'ingresso sembra senza pretese. Alquanto bruttina nasconde una perla di antica maestria in natura ed architettura.
Stazione: uomo trilingue, due children, guida turistica più o meno improvvisata, ci segue, ci da duemila informazioni al minuto, informazioni che noi, a corto di soldi, non vogliamo. Lo seminiamo.


E così eccoci a Mostar, che è carina e non so descriverla.
Ci sono le bancarelle con le cose e il ponte distrutto dalla guera del 95 e ricostruito dall'UNESCO
Ci mangiamo gli strudel dietetici sopra.
Io compro un libro.
E' raro che io compri un libro.
E comprarlo in italiano, in Bosnia, nell'associazione culturale islamica è ancora più raro. Lo pago 22 Km, 11 euro, quando in Italia costa 7.40 euro (gratto via il prezzo apposto sulla copertina e scovo il prezzo reale).
Il libro si chiama Vita di un uomo, e l'autore è Giuseppe Ungaretti.


Me lo leggo  d'un fiato per le stradine della città, il viaggio è il messia e Ungaretti il suo profeta.


Non avevo mai comprato un libro di poesie prima d'ora.


Ci imbattiamo in una moschea.


è chiusa. 
Una signora vecchia, gobba, con i calzini di lana spessa e gli occhi buoni avanza per una stradina in salita, depositaria di una chiave formato gigante che usa per aprirci le porte di quel posto così modesto, a dire il vero, per noi che veniamo dalla magnificenza delle moschee turche. Ci fa entrare.


L'approccio è diverso rispetto a quello usato in Turchia verso i luoghi di culto: ci togliamo le scarpe, certo, ma possiamo parlare a gran voce, non c'è barricata per i non musulmani e chiacchieriamo con la signora un pò in bosniaco un pò in polacco. Pare che si intendano. 
(La Bosnia è un paese con tanta gente musulmana, sapevatelo.)


Ristorante
bevuta
ubriaca rubo oggetti tra le bancarelle
siamo intrappolati fino alle sei, orario in cui c'è l'unico treno
e così imparo davvero e bene come si gioca a tavla, in un baretto vicino a una moschea nel centro reale e non turistico di Mostar, dove non servono alcolici perchè "siamo in un posto religioso" mi dicono i giovani che giocano a freccette.


TAVLA TAVLA TAVLA
Timo vuole giocare con me ma mi odia allo stesso tempo, come da un bel pò ormai.
Mi sento giudicata, tante volte, dalla sua puntuale germanità.
Ma questo non è un blog in cui voglio parlare di relazioni interpersonali, e quindi non mi dilungo.
(ma Timo mi manca col suo "sei libera di fare quello che vuoi, io faccio così.")


E Sarajevo, come ha detto la mia amica Elena, è un grande cuore.
Tutto è un oggetto in rame e metallo, compriamo formaggi e yogurt speciali, il mercato della carne e dei latticini ci ingrassa e tutte le strade sono belle,calde, accoglienti e curate, come una città austroungarica ma a differenza di queste l'occhio non si perde in una distesa di organizzazione ampia e maestosa. 


Sarajevo è un sentimento che pullula di persone che non se ne curano, ed è un piacere camminarci dentro perchè è umana, ed è bella come una bella persona.


E' fatta di colli, innevati a presepe, e gli altri mi tendono attacchi con le palle di neve mentre risalgo la china del monte, ben protetti da un muretto - marrani!-, e io mi schermo con la Tavla, che ormai è con noi dappertutto, nei treni, in ostello, nel centro, da Istanbul alla meta finale di Bratislava.


Da Sarajevo a Lubiana (via Zagabria)


A cena mangiamo meravigliosamente. In un posto messicano (!!!) dove però sono tutti bosniaci.
La notte passa da Sarajevo a Lubiana, spendiamo tutti i soliti soldi che rimangono ogni volta che arriviamo in stazione, stavolta KM bosniaci;
investiamo in alcool e dolci per il viaggio e io mi lascio andare a qualche delirio durante la notte. 
Stavolta niente cuccette, ci diviamo per stenderci in 3 compartimenti diversi.
Timo mi fissa troppo spesso, e io continuo a non capire niente di lui.
Si è lamentato anche a Sarajevo tra le stradine felici, e il disturbo si è potuto risolvere solo con parole sincere aiutate da due Mohjito per me e mezza bottiglia di vino per lui.




Arriviamo di mattina a Lubiana, Andrej fa colazione con un cheeseburger nel McDonald e io fiera e senza vergogna preparo il nostro pane serbo col nostro formaggio bosniaco.
Scrocchiamo wireless, carta pulita, sedie e tavoli, prendiamo degli indirizzi da internet e decidiamo un ostello.
Timo è scocciato, non vuole andare dove voglio andare io, abbiamo sempre da ridire senza dircelo.


Ostello che sembra un albergo- ma in realtà le camere sono un pò sporche - ma molto molto cool. Ex prigione rinnovata, vari piani, sui letti cioccolatini (vecchi).


La classe non è da tutti, il cioccolatino non propormelo se è così che funziona la storia.


Non mi piacciono questi tipi ostelli.
Maria don't like.
Mi manca il guazzabuglio di Belgrado, la signora del vin Brulè di Bucarest, il giovane Damiano amante della pasta scotta di Sofia.


Posti senza anima, 


dove ti danno una stanza per 7 anzichè da 12 per una buona recensione, 


dove la colazione non è inclusa (e il signore anziano di Bucarest cuoceva le uova ogni mattina, e io tostavo almeno 30 fette di pane e poi lo aiutavo sempre a pulire chè lui era così bello nella sua passione per l'ospitalità che per me era come sparecchiare quando sei a casa, ed è Natale, e non vuoi far altro che nutrire e svezzare ed essere parte di quel gruppo che è come una famiglia, o che forse non lo è ma che è fatta solo di gente che senti parte di te, anche se per un attimo solo)


dove se chiedi un accendino ti dicono io non fumo (e poi per mezz'ora capiti a Zjhljhbl nel mezzo dell'Ungheria, scesa da un treno che ti porta da jffjfjfhljfhrliuhjr, dal nulla della Slovenia, perchè Lubiana ti ha fregato- eccome se ti ha fregato- e trovi un bar dove un vecchio ubriacone, un uomo col codino e una donna bellissima con i capelli rossi ti parlano in ungherese e tedesco (ma noi siamo fighi e tutti insieme parliamo esattamente tutte le lingue), ti accettano un euro in coin e ti danno una 0.3 di vino caldo e dove poi chiedi da accendere ed ecco che l'accendino non è prestato ma regalato - ciao!! ciao!!! ciao! il nostro treno parte e Budapest ci aspetta!!! CIAO AMICI, ciao. )


E sì, Lubiana non l'ho vista, se non stanotte. Perchè parlavo fitto fitto con Timo, che mi odia da giorni appunto, ma forse non mi odia davvero perchè stanotte è voluto rimanere con me senza gli altri.
E così siamo tornati nel freddo della notte io e lui, un pò perdendoci tra i Gargoiles dei ponti dei canali quieti di Lubiana un pò ritrovandoci nella nostra conversazione che stavolta aveva un punto.
Tu non hai mai punti, parli a vanvera,non ti capisco
tu ne hai troppi, sei troppo tecnico, non ti capisco
Però erano sorrisi ad ogni differenza sottolineata.
Io sono così
tu sei così
però non è per questo motivo che ho fatto quella cosa
non è per quella ragione che ho capito così


Voglia di spiegarsi anche se da dopo di oggi non ci rivedremo forse mai più.


E oggi l'abbiamo lasciato in quella città che ci ha fregato e io me lo piango il golden Timo, e ci siamo sfiorati piano le dita per salutarci e ci siamo guardati io con i miei occhi da italiana e lui con i suoi occhi da siberiano, sottili e trasparenti, e nient'altro.


E sì, il nostro treno è partito da Lubiana per bnjhbrlfjhrf a mezzogiorno, e da qui abbiamo preso un vagone giallo e rosso per frjfrrk, e ora siamo sull'ultimo treno che ci porterà alla stazione di Budapest
(abbiamo escogitato una serie di coincidenze incredibili per non perdere un giorno e rientrare nei tempi, il treno diretto per Budapest c'era solo domani) e così
Andrej è arrivato a casa, in stazione suo padre ci verrà a prendere con l'auto e con una disponibilità che mi imbarazza. Stanotte saremo a Sciopornia, città natale di Andrej, in Slovacchia.
Siamo partiti in 6, ora siamo in 4, domani è l'ultimo giorno e queste le ultime notti.


Il tedesco tornerà a Istanbul, rimarranno solo Andrej e il polacco in una Scopornia che non vedo l'ora di vedere perchè casereccia e priva di alcunchè, dopodomani li abbandono anche io e ancora non sono pronta per la traversata della Germania.
Aspettami Simone Marrone che a Kiel ci arrivo lo giuro!


Aggiunta delle 6 di mattina del 2 febbraio
Siamo a Sopornia!!!
Dopo mezzo litro di vino caldo a Budapest il padre di Andrej ci viene a prendere con la macchina
Due ore di viaggio ed eccoci in una casa di campagna dove veniamo nutriti di carne di maiale patare e ortaggi,  ed ora eccomi qui, in una camera con un letto per bambini a cercare una soluzione per i miei prossimi spostamenti.
Caro Simone, Kiel è tanto lontana, e io non so se riuscirò ad arrivare.
Ancora non so se raggiungere Berlino via Praga, domattina deciderò. 
E' tutto molto incerto ed io continuo a non avere nè soldi nè un cappotto.


Aggiunta delle 10 di mattina del 2 febbraio


Andrej sta facendo la doccia e io ho trovato una signora che vuole viaggiare con me fino a Berlino. Pare che domattina partiremo insieme da Brno per Berlino, 400 km al prezzo di 25 euro. 




SIMONE MANNEGGIA A TE QUANTO STAI IN C***O

domenica 29 gennaio 2012

E la notte serba mi prese - 10 giorno, una Belgrado inaspettatamente omosessuale

Prefazione

Cari amiche e amici lettori,
è l'11 giorno e la traversata serbo bosniaca ci impiegherà tutta la giornata, o quasi. 10 ore tra campagne e colline fatte di casette a punta, arbusti stepposi e piccoli monti di background.
Il treno per Sarajevo parte ogni mattina alle 8 da Belgrado, e arriva nel tardo pomeriggio.
Gli scenari siberiani di Serbia, Bulgaria e Romania sembrano essere svaniti per far posto ad un paesaggio autunnale che ricorda il centro Italia delle mezze stagioni. Io giro in treno in calzini, ormai ho sviluppato una vistosa vescica che non accenna ad andarsene e portare le scarpe mi fa male, dentro e fuori.
C'è da aggiungere che questo treno non è come gli altri: correndo veloce verso il nord della Serbia ci ha portati in Croazia, perchè le montagne serbo bosniache non permettono lo spostamento diretto tra i due paesi, e attualmente siamo da qualche parte, in Bosnia, affannati nella ricerca di Sarajevo.

Le scritte da cirillico passano all'italiano.
E si può fumare dentro, dapperttutto, anche dove c'è scritto che non si può. Napoli milionaria.

Non mi faccio una doccia esattamente da 48 ore, e questo non è bene. Stamattina ho fatto un timido tentativo di lavarmi i denti in treno: il controllore mi ha subito bloccata. "Che bella ragazza, sei italiana?" "Sì, lei anche?"
Aveva un accento del nord, ma in realtà era croato.
"Non lavare i denti qui, non dico che è male ma non è bene. Tieni questa in cambio"
E mi regala un'arancia.

Non è che sono sporca, è solo che davvero non ho avuto tempo, e mi stupisco perchè anche l'ennesima ossessione sta volando via.


Perchè non ho potuto lavarmi i denti, le motivazioni.

La notte di Belgrado è fredda.

E io stanotte l'ho conosciuta tutta.

E' stata una notte fatta di fumo di sigaretta ovunque, di cui ancora porto l'odore, di vini caldi e forse una sbronza di troppo.

A volte capita che le città nascondano vere e proprie perle di vita autentica, e la vera felicità è quando ti ci imbatti per caso, quasi per scherzo o anche solo per inerzia.

La giornata di Belgrado è finita: dopo il solito walking free tour tra le contraddizioni della Belgrado brutalista e di quella antica fatta di isole pedonali e negozietti alla moda ci siamo addentrati nella storia della moneta. 10 anni fa, o quasi, la Serbia è stata la nazione che ha toccato i picchi più alti inflazionistici, con la sua moneta da 11 zeri, preceduta solo dallo Zimbawe di oggi e dalla Germania del dopo guerra.
Dopo l'approfondimento economico si è passati a quello scientifico, che questi c'hanno Nicola Tesla e guai a chi glielo tocca, che Marconi non ha inventato la Radio, è stato Tesla e che peccato che tutti se ne siano accorti solo quando questo fosse già morto.

Io ho prestato il mio corpo per farlo funzionare da conduttore di energia, e dopo aver acceso lampade che erano come spade di Obi Wan Kenobi con la forza del corpo e della fede siamo tornati in ostello, il nostro ostello, pervaso da un disturbo ossessivo-compulsivo da accumulo che si manifesta ovunque: il martello nella camera e viti e bulloni e palloncini e cose attaccate ai muri e scaffali impolverati pieni di tutto e un ufficio che è un letto a soppalco dove una donna incinta ti sorride sempre e dove il compagno ha un lungo codino e ride sempre in modo imprevisto, e mi confonde, col suo insistere nel mettere l'olio di girasoli nell'insalata di pomodori e il volermi a tutti i costi insegnare ad aprire la birra con l'accendino.
Io sono scema e mi ostino ad aprire il frigorifero sempre dalla parte sbagliata e nessuno me ne ha fatto ancora una colpa, però la donna incinta ride sempre di più e a sorpresa mi lava il maglione sporco di vomito di non so chi lasciato in un posto sbagliato la notte prima. Forse perchè pensa che sono scema davvero.

La sala comune è piccola, la cucina fa schifo, il bagno non è dei migliori e siamo costretti a cambiare stanza per l'arrivo di siciliani in attesa delle gare di pallamano, Felix dorme per terra e Atreju e Timo hanno la febbre.
Dal lungo tavolo della sala comune la gente ride e sporca chiassosa, questo ostello è come una casa e io ho imparato che a casa urlare contro il casino serve a farne solo di più. Siamo in 20 in due stanze e un tavolo.
Però è come casa.

E così mi addormento, profondamente, come se non dovessi svegliarmi mai.

E all'una invece mi sveglio e decido che sì, che non importa, mi avventuro da sola con l'amico polacco, alla ricerca di un posto che non ci faccia ammettere che il sonno ci ha fatto perdere un Venerdì sera.
L'uomo col codino ci indica un posto, noi chiediamo indicazioni, non lo troviamo. Che c'è qui? non c'è niente, ci dicono i ragazzi serbi immersi in strani fumi, andate lì si balla.
Ma noi andiamo a mangiare una torta con la Banana chè non ci interessa ballare e non contenti entriamo in una porticina che da su un cortile, giusto per curiosità, e sentiamo della musica. Tre scalette ci portano in un posto nascosto fatto di note come quelle che piacciono a me, radio antiche, vecchie valigie e damasco alle pareti.
La gioconda di Duchamp ride baffuta e beffarda, i lampadari cristalli di colori.
E' piccolo, afollato, qualcuno si bacia, qualcun'altro ride parossisticamente, tutti decisamente bevono troppo.
Chiedo a due ragazze in coppia se possiamo sederci con loro e il loro amico perchè non c'è posto, e così inizia la notte.
Le ragazze se ne vanno immediatamente e rimaniamo io, il polacco e il nostro primo amico.

Un vino caldo, forse due. Al terzo vado al bancone, e li rimarrò fino a mattina.
Il polacco mi saluta evidentemente scocciato, ma io non posso farci niente, quando la libertà mi entra nelle ossa non mi curo più di nessuno. Se ne va. Fatti suoi.
Rimango da sola nella Belgrado notturna.

I personaggi.
Sono tutti particolari e tutti mi divertono, qualcuno un pò a dire il vero mi scoccia.
C'è un brasiliano, che fa tutto l'esperto di vita, prova a rendersi interessante con il suo master sul conflitto serbo bosniaco parlando in un guazzabuglio alcolico di portoghese inglese spagnolo e serbo.

Quando una ragazza lesbica si avvicina si mette subito in competizione.
La ragazza non mi fa mistero delle sue intenzioni, e dopo qualche battuta dice solo che vuole baciarmi.
Il brasiliano si sente il più fico e pensa di sconvolgermi rivelandomi le verità nascoste dell'interesse omosessuale offertomi quella sera.

Povero ingenuo.

Io non mi scompongo e cerco di fare gruppo, decisa a non cadere nelle trappole di nessuno; rimango a guardare come la notte si svolge, i racconti, le storie e i Raki che mi verranno offerti.
La lusinga è beffarda e io ci penso bene e mi impongo di resisterle.

La ragazza non mi smolla e al mio lamentarmi dell'essere l'unica sobria inizia ad offrirmi raki a giri di due. Il Raki è presente anche in Turchia, ma quello serbo è dolce e sa di frutta e di miele, e non gliela nominate la Turchia ai Serbi che l'impero Ottomano ancora gli rode.

Il fratello della ragazza è un attore, e fa il passive-aggressive dicendomi che io non sono italiana, mi provoca di continuo e si mette a litigare con la sorella circa qualcosa, circa me. E' grosso puzza d'alcool e ha la barba, e dice cose senza senso.
Io prendo aria.
In serbia fumano dappertutto e quel fumo me lo porto ancora addosso negli abiti.

Non ho capito perchè ci fosse questa alta percentuale omosessuale, ma fatto sta che non era un bar gay e anche le più insospettabili avevano una storia ambigua alle spalle.
Ma tutto era scevro dalla volgarità, e il Raki ci scaldava nei racconti e alla fine gli intenti ambigui dell'alcool hanno lasciato posto alle confidenze vere di quelle che si fanno solo a chi non si conosce. E tutti parlavamo senza problemi di tutto, e nessuno aveva vergogna di niente, senza però neanche esibire.

La ragazza è nell'esercito, sta per diventare medico ed è vittima di mobbing da parte del suo maggiore che, ovviamente, è donna, una primadonna a quanto pare.

La ragazza del bar non mi da attenzioni, ma la coinvolgiamo nel giro di bevute e dopo il quarto giro mi confida di essere anche lei omosessuale, e che quando ancora non aveva il coraggio ha fatto un figlio, che ora ha 4 anni e glielo guarda il mio primo amico che è tanto bravo, dice. Accenna all'amore, io la sfotto sul volemose bene, e tutto si risolve in un "love is everywhere, love is in the pshyco-trance".

Ci può stare.

La mia fan è sempre più ubriaca e scorgo in lei una intelligenza curiosa mascherata dall'alcool. Ma non mi lascio affascinare. Comincio a vagare nel posto e cerco il mio primo amico, lo trovo innamorato di una sosia di Marion Cotillard, che è tanto bella ed era tanto bella anche lei, allora glielo dico e questa mattina la ragazza chi sa dove si è svegliata con il mio "Marillon Cotillard" - sbagliato- che le ho scritto sulla mano. Chissà se la cercherà per vedere se le somiglia davvero.

La gente va via, i racconti continuano, qualcuno s'accolla e mi parla della chiesa ortodossa dopo il mio solito studio statistico volto alle religioni.

A volte le cose me le cerco.

Due ragazzi serbi mi chiedono senza scomporsi se ho una camera per la notte, gli dico di sì, allora se ho un numero di telefono, gli dico di no, allora se parto dopo quanto, gli dico no parto stanotte.
Tutto è bene quel che finisce bene.

E alla fine il posto chiude, mi viene offerta dell'erba e io sto a guardare curiosa, a un certo punto decido di andarmene, perchè è ora, perchè la notte mi ha dato già tutto e io non voglio nient'altro.

La ragazza tenta l'ultimo approccio senza successo e qui si fa avanti anche il mio primo amico, che a me era sembrato tanto gay ma evidentemente era un pò "'ndo coglio coglio".

Nessuno è inopportuno, nessuno fa cose sconvenienti, vedo la chiara intenzione di non lasciar scappare un momento.
Ma a me non interessa.
Scappo via, la barista mi abbraccia e io l'abbraccio per davvero. Mi rituffo nel gelo della mattina che fa male al volto.

Rido al pensare che la Serbia è un paese conservatore.

Se andate a Belgrado andate a cercare in un portoncino verde di una palazzina sopra una pizzeria in piazza della Repubblica e scoprirete come tutto il parlare, il camminare, il guardare non conta e come nessuno di coloro che nella neve serba restano immobili potranno costringere le ragazze e i ragazzi di Belgrado a smettere di sorridere allo straniero, al nuovo, alle cose che cambiano.


E così dopo un'ora di siesta con la notte che albeggia mi sveglio ancora stordita dalle grappe, anche io come la ragazza sosia di Marion Cotillard con nomi scritti sulle mani. Mi infilo nel treno che ancora dormo, da dove adesso vi scrivo e dove tutti mi parlano e mi prendono per mano per farmi fumare lontano dal freddo dei corridori del treno, dove forse vorrei dormire ancora un altro pò ma adesso non posso, siamo arrivati, sono a Sarajevo.

Un grazie sentito a Belgrado e ai suoi giovani appassionati.

Certe cose il Coming Out se le sogna.