"La vita è un viaggio e viaggiare è vivere due volte"
Omar Khayyam

domenica 29 gennaio 2012

E la notte serba mi prese - 10 giorno, una Belgrado inaspettatamente omosessuale

Prefazione

Cari amiche e amici lettori,
è l'11 giorno e la traversata serbo bosniaca ci impiegherà tutta la giornata, o quasi. 10 ore tra campagne e colline fatte di casette a punta, arbusti stepposi e piccoli monti di background.
Il treno per Sarajevo parte ogni mattina alle 8 da Belgrado, e arriva nel tardo pomeriggio.
Gli scenari siberiani di Serbia, Bulgaria e Romania sembrano essere svaniti per far posto ad un paesaggio autunnale che ricorda il centro Italia delle mezze stagioni. Io giro in treno in calzini, ormai ho sviluppato una vistosa vescica che non accenna ad andarsene e portare le scarpe mi fa male, dentro e fuori.
C'è da aggiungere che questo treno non è come gli altri: correndo veloce verso il nord della Serbia ci ha portati in Croazia, perchè le montagne serbo bosniache non permettono lo spostamento diretto tra i due paesi, e attualmente siamo da qualche parte, in Bosnia, affannati nella ricerca di Sarajevo.

Le scritte da cirillico passano all'italiano.
E si può fumare dentro, dapperttutto, anche dove c'è scritto che non si può. Napoli milionaria.

Non mi faccio una doccia esattamente da 48 ore, e questo non è bene. Stamattina ho fatto un timido tentativo di lavarmi i denti in treno: il controllore mi ha subito bloccata. "Che bella ragazza, sei italiana?" "Sì, lei anche?"
Aveva un accento del nord, ma in realtà era croato.
"Non lavare i denti qui, non dico che è male ma non è bene. Tieni questa in cambio"
E mi regala un'arancia.

Non è che sono sporca, è solo che davvero non ho avuto tempo, e mi stupisco perchè anche l'ennesima ossessione sta volando via.


Perchè non ho potuto lavarmi i denti, le motivazioni.

La notte di Belgrado è fredda.

E io stanotte l'ho conosciuta tutta.

E' stata una notte fatta di fumo di sigaretta ovunque, di cui ancora porto l'odore, di vini caldi e forse una sbronza di troppo.

A volte capita che le città nascondano vere e proprie perle di vita autentica, e la vera felicità è quando ti ci imbatti per caso, quasi per scherzo o anche solo per inerzia.

La giornata di Belgrado è finita: dopo il solito walking free tour tra le contraddizioni della Belgrado brutalista e di quella antica fatta di isole pedonali e negozietti alla moda ci siamo addentrati nella storia della moneta. 10 anni fa, o quasi, la Serbia è stata la nazione che ha toccato i picchi più alti inflazionistici, con la sua moneta da 11 zeri, preceduta solo dallo Zimbawe di oggi e dalla Germania del dopo guerra.
Dopo l'approfondimento economico si è passati a quello scientifico, che questi c'hanno Nicola Tesla e guai a chi glielo tocca, che Marconi non ha inventato la Radio, è stato Tesla e che peccato che tutti se ne siano accorti solo quando questo fosse già morto.

Io ho prestato il mio corpo per farlo funzionare da conduttore di energia, e dopo aver acceso lampade che erano come spade di Obi Wan Kenobi con la forza del corpo e della fede siamo tornati in ostello, il nostro ostello, pervaso da un disturbo ossessivo-compulsivo da accumulo che si manifesta ovunque: il martello nella camera e viti e bulloni e palloncini e cose attaccate ai muri e scaffali impolverati pieni di tutto e un ufficio che è un letto a soppalco dove una donna incinta ti sorride sempre e dove il compagno ha un lungo codino e ride sempre in modo imprevisto, e mi confonde, col suo insistere nel mettere l'olio di girasoli nell'insalata di pomodori e il volermi a tutti i costi insegnare ad aprire la birra con l'accendino.
Io sono scema e mi ostino ad aprire il frigorifero sempre dalla parte sbagliata e nessuno me ne ha fatto ancora una colpa, però la donna incinta ride sempre di più e a sorpresa mi lava il maglione sporco di vomito di non so chi lasciato in un posto sbagliato la notte prima. Forse perchè pensa che sono scema davvero.

La sala comune è piccola, la cucina fa schifo, il bagno non è dei migliori e siamo costretti a cambiare stanza per l'arrivo di siciliani in attesa delle gare di pallamano, Felix dorme per terra e Atreju e Timo hanno la febbre.
Dal lungo tavolo della sala comune la gente ride e sporca chiassosa, questo ostello è come una casa e io ho imparato che a casa urlare contro il casino serve a farne solo di più. Siamo in 20 in due stanze e un tavolo.
Però è come casa.

E così mi addormento, profondamente, come se non dovessi svegliarmi mai.

E all'una invece mi sveglio e decido che sì, che non importa, mi avventuro da sola con l'amico polacco, alla ricerca di un posto che non ci faccia ammettere che il sonno ci ha fatto perdere un Venerdì sera.
L'uomo col codino ci indica un posto, noi chiediamo indicazioni, non lo troviamo. Che c'è qui? non c'è niente, ci dicono i ragazzi serbi immersi in strani fumi, andate lì si balla.
Ma noi andiamo a mangiare una torta con la Banana chè non ci interessa ballare e non contenti entriamo in una porticina che da su un cortile, giusto per curiosità, e sentiamo della musica. Tre scalette ci portano in un posto nascosto fatto di note come quelle che piacciono a me, radio antiche, vecchie valigie e damasco alle pareti.
La gioconda di Duchamp ride baffuta e beffarda, i lampadari cristalli di colori.
E' piccolo, afollato, qualcuno si bacia, qualcun'altro ride parossisticamente, tutti decisamente bevono troppo.
Chiedo a due ragazze in coppia se possiamo sederci con loro e il loro amico perchè non c'è posto, e così inizia la notte.
Le ragazze se ne vanno immediatamente e rimaniamo io, il polacco e il nostro primo amico.

Un vino caldo, forse due. Al terzo vado al bancone, e li rimarrò fino a mattina.
Il polacco mi saluta evidentemente scocciato, ma io non posso farci niente, quando la libertà mi entra nelle ossa non mi curo più di nessuno. Se ne va. Fatti suoi.
Rimango da sola nella Belgrado notturna.

I personaggi.
Sono tutti particolari e tutti mi divertono, qualcuno un pò a dire il vero mi scoccia.
C'è un brasiliano, che fa tutto l'esperto di vita, prova a rendersi interessante con il suo master sul conflitto serbo bosniaco parlando in un guazzabuglio alcolico di portoghese inglese spagnolo e serbo.

Quando una ragazza lesbica si avvicina si mette subito in competizione.
La ragazza non mi fa mistero delle sue intenzioni, e dopo qualche battuta dice solo che vuole baciarmi.
Il brasiliano si sente il più fico e pensa di sconvolgermi rivelandomi le verità nascoste dell'interesse omosessuale offertomi quella sera.

Povero ingenuo.

Io non mi scompongo e cerco di fare gruppo, decisa a non cadere nelle trappole di nessuno; rimango a guardare come la notte si svolge, i racconti, le storie e i Raki che mi verranno offerti.
La lusinga è beffarda e io ci penso bene e mi impongo di resisterle.

La ragazza non mi smolla e al mio lamentarmi dell'essere l'unica sobria inizia ad offrirmi raki a giri di due. Il Raki è presente anche in Turchia, ma quello serbo è dolce e sa di frutta e di miele, e non gliela nominate la Turchia ai Serbi che l'impero Ottomano ancora gli rode.

Il fratello della ragazza è un attore, e fa il passive-aggressive dicendomi che io non sono italiana, mi provoca di continuo e si mette a litigare con la sorella circa qualcosa, circa me. E' grosso puzza d'alcool e ha la barba, e dice cose senza senso.
Io prendo aria.
In serbia fumano dappertutto e quel fumo me lo porto ancora addosso negli abiti.

Non ho capito perchè ci fosse questa alta percentuale omosessuale, ma fatto sta che non era un bar gay e anche le più insospettabili avevano una storia ambigua alle spalle.
Ma tutto era scevro dalla volgarità, e il Raki ci scaldava nei racconti e alla fine gli intenti ambigui dell'alcool hanno lasciato posto alle confidenze vere di quelle che si fanno solo a chi non si conosce. E tutti parlavamo senza problemi di tutto, e nessuno aveva vergogna di niente, senza però neanche esibire.

La ragazza è nell'esercito, sta per diventare medico ed è vittima di mobbing da parte del suo maggiore che, ovviamente, è donna, una primadonna a quanto pare.

La ragazza del bar non mi da attenzioni, ma la coinvolgiamo nel giro di bevute e dopo il quarto giro mi confida di essere anche lei omosessuale, e che quando ancora non aveva il coraggio ha fatto un figlio, che ora ha 4 anni e glielo guarda il mio primo amico che è tanto bravo, dice. Accenna all'amore, io la sfotto sul volemose bene, e tutto si risolve in un "love is everywhere, love is in the pshyco-trance".

Ci può stare.

La mia fan è sempre più ubriaca e scorgo in lei una intelligenza curiosa mascherata dall'alcool. Ma non mi lascio affascinare. Comincio a vagare nel posto e cerco il mio primo amico, lo trovo innamorato di una sosia di Marion Cotillard, che è tanto bella ed era tanto bella anche lei, allora glielo dico e questa mattina la ragazza chi sa dove si è svegliata con il mio "Marillon Cotillard" - sbagliato- che le ho scritto sulla mano. Chissà se la cercherà per vedere se le somiglia davvero.

La gente va via, i racconti continuano, qualcuno s'accolla e mi parla della chiesa ortodossa dopo il mio solito studio statistico volto alle religioni.

A volte le cose me le cerco.

Due ragazzi serbi mi chiedono senza scomporsi se ho una camera per la notte, gli dico di sì, allora se ho un numero di telefono, gli dico di no, allora se parto dopo quanto, gli dico no parto stanotte.
Tutto è bene quel che finisce bene.

E alla fine il posto chiude, mi viene offerta dell'erba e io sto a guardare curiosa, a un certo punto decido di andarmene, perchè è ora, perchè la notte mi ha dato già tutto e io non voglio nient'altro.

La ragazza tenta l'ultimo approccio senza successo e qui si fa avanti anche il mio primo amico, che a me era sembrato tanto gay ma evidentemente era un pò "'ndo coglio coglio".

Nessuno è inopportuno, nessuno fa cose sconvenienti, vedo la chiara intenzione di non lasciar scappare un momento.
Ma a me non interessa.
Scappo via, la barista mi abbraccia e io l'abbraccio per davvero. Mi rituffo nel gelo della mattina che fa male al volto.

Rido al pensare che la Serbia è un paese conservatore.

Se andate a Belgrado andate a cercare in un portoncino verde di una palazzina sopra una pizzeria in piazza della Repubblica e scoprirete come tutto il parlare, il camminare, il guardare non conta e come nessuno di coloro che nella neve serba restano immobili potranno costringere le ragazze e i ragazzi di Belgrado a smettere di sorridere allo straniero, al nuovo, alle cose che cambiano.


E così dopo un'ora di siesta con la notte che albeggia mi sveglio ancora stordita dalle grappe, anche io come la ragazza sosia di Marion Cotillard con nomi scritti sulle mani. Mi infilo nel treno che ancora dormo, da dove adesso vi scrivo e dove tutti mi parlano e mi prendono per mano per farmi fumare lontano dal freddo dei corridori del treno, dove forse vorrei dormire ancora un altro pò ma adesso non posso, siamo arrivati, sono a Sarajevo.

Un grazie sentito a Belgrado e ai suoi giovani appassionati.

Certe cose il Coming Out se le sogna.

Nessun commento:

Posta un commento